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D:Qual è il messaggio di "Gli Allievi di Monsieur Gurdjieff"?
R:Il Messaggio sarà un'esperienza da condividere con tutti coloro che verranno a vederci. E' intessuto fra le note di De Hartmann stesso, fra le parole ed i gesti degli attori, nelle fragranze che investiranno il pubblico, nei simbolismi utilizzati, nelle emozioni che susciteranno... Tutto lo spettacolo si rifà alla simbologia sacra delle popolazioni mediorientali, ma anche a simbologie tipicamente occidentali, come per esempio il clown. In realtà "Gli allievi di monsieur Gurdjieff" rappresenta il viaggio che ciascuno di noi dovrebbe fare dentro se stesso, contro la propria frantumazione di identità e cercare di liberarsene.
D:Chi era Gurdjieff?
R:Molto si è detto e scritto su questo personaggio vissuto ad inizio del secolo scorso. Basti pensare che egli ha influenzato il pensiero psicologico sull'identità dell'io - G. infatti affermava che l'uomo non ha una identità che può definire IO, ma è frantumato ha una moltitudine di IO - ma ha anche importato in occidente una forma di arte orientale attraverso i balletti, chiamati "Movimenti", che hanno lasciato un impronta incancellabile. Ha impostato un nuovo modo di pensare filosofico, teologico ed etico. Si è interessato di teatro, di musica, di logica e di molte altre materie dello scibile e dell'arte. Ha trasformato la vita di molti suoi allievi, che educava ai Movimenti nel priorato di Avon, al centro della Francia. E' stato l'ispiratore ed il maestro di molti grandi del novecento come Kathrine Mansfield, Peter Brook, Louis Pauwels e molti altri.
D:Dove si ambienta lo spettacolo?
R:I personaggi sono 5 e si intersecano fra di loro, con le giuste pause dedicate all'ascolto di alcuni pezzi composti da Gurdjieff e De Hartmann che verranno suonati al pianoforte e violino. Sarà l'esecuzione di quella musica che Gurdjieff definiva "arte oggettiva", musica altamente suggestiva ed intensa che lascerà nel cuore e nella mente dello spettatore, un ricordo incancellabile.
Lo sfondo della scena è il Priorato dove Gurdjieff si è rifugiato con i suoi allievi per svolgere il Lavoro. Lo spettacolo simulerà quindi una normalissima giornata di prove dentro il priorato, con degli allievi invisibili (il pubblico stesso) che si allena a fare le prove. Da questa cornice emergerà la moglie di Gurdjieff, Julia Ostrowska, che sul suo letto di morte parla al marito; si leveranno le parole di Kathrine Mansfield malata di tubercolosi, ricoverata nella stalla per volontà del maestro che narreranno quanto e a cosa questo gli sia servito; prenderanno forma le lamentele di Dmitri, il fratello del maestro, che evidenzierà tutti i pensieri e gli ostacoli che un allievo incontra nel Lavoro su di sè. Infine un "falso maestro", così come Gurdjieff è stato da molti critici definito per i suoi modi bruschi e freddi, ed in ultimo la Staveley, che per noi rappresenta il modello di allievo, concluderanno lo spettacolo.
Nel finale si evidenzierà l' ostacolo più importante che soggiace a qualsiasi fallimento nel tentativo di comprendere (e sviluppare) qualcosa dell'umano trascendente: l'avidità.
D:Siete una scuola della Quarta Via?
R:Non ci proponiamo come una scuola della Quarta Via. Siamo uomini e donne che lavorano su se stessi con un Regista, ma questo non è il messaggio centrale. Vogliamo solo rappresentare teatralmente due concetti: l'uomo è realmente meccanico, non si tratta di teorismo, o di astrazione intellettuale - Il ricordo è il primo ed unico modo per iniziare una nuova metodologia di sviluppo, Gurdjieff lo chiamava "Ricordo di Sè".
D:Ed uno spettacolo teatrale può aiutare nel ricordo di sè?
R:Certo che può! Può farlo meglio di qualsiasi lezione ouspenskyana, perchè non permette allo spettatore alcuna passività. Bensì lo provoca, lo scuote, gli crea azioni e reazioni interiori... lo illumina.
Gli allievi di monsieur Gurdjieff non si può definire solo un concerto, ma non si può nemmeno circoscrivere in un atto esclusivamente teatrale: è il frutto di uomini e donne che lavorando su se stessi, sulle mille maschere, sulle contraddizioni, cercano consapevolmente di essere creativi. E' in realtà un rito, forse uno dei più antichi, dove tutto ricorda all'uomo il motivo del suo esistere e la necessità di tornare alle origini.
Ma soprattutto è un omaggio alla memoria di Gurdjieff e di alcuni dei suoi allievi comunicando a tutti che il Lavoro non si è concluso, ma che continua anche all'alba di un terzo millennio.
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