Una persona nasce, cresce, impara, disimpara, fa cose giuste e sbagliate e alla fine di tutto muore. Avrà fatto milioni di miliardi di azioni nella sua vita, se poi contiamo anche i movimenti (ad es. la respirazione o il battito di ciglia) ne avremmo un numero incalcolabile. Cosa vuol dire, allora, che l’uomo non può “fare”? Per il Sistema “fare” è molto vicino al concetto alchemico della “Grande Opera”, del “Grande Fare”. In molte conferenze dove ho cercato di dimostrare la stretta attinenza fra il pensiero di G. e l’Alchimia, ho spiegato chiaramente che Ouspensky affronta numerose volte il tema del “Fare” in base all’esatto punto di vista degli alchimisti dei secoli passati. Egli, infatti, afferma che la vera comprensione “… approfondisce la conoscenza e non può restare teorica, perché intensifica gli forzi verso i risultati reali, verso l’unione del sapere e dell’essere, cioè del Grande Fare.” (o.c. pag. 315) Questo fare “grande” è l’acquisizione di una capacità. Nello stesso modo in cui un bambino impara a “fare” le piccole cose: camminare, alzare gli oggetti, parlare ecc. anche l’individuo in una Scuola impara a “Fare” in maniera “Grande”.
La principale caratteristica della azioni umane è che “… sono i risultati di influenze esteriori, di impressioni esteriori.” In tal modo esse non sono azioni, bensì RE-azioni. La nostra vita è costellata di continue reazioni che, anche se crediamo deliberate, sono in realtà il frutto di provocazioni esterne.
Immaginatevi di aver vissuto tutta la vostra vita e di trovarvi in una camera di ospedale, con il viso affacciato fuori dalla finestra bianca a riflettere sulla vostra esistenza. Avete vissuto una vita interessante, anche con alcuni momenti di successo, altri di tristezze infinite e di solitudine infinita. Immaginate di essere consapevoli che morirete la sera stessa e allora ponetevi la domanda: “Cosa ho fatto nella mia intera vita?”. Potreste certamente stilare una lista interessante di cose: ho cresciuto i figli, ho fatto invecchiare i miei genitori, sono diventato un grande manager. Eppure, in quel momento, tutte queste cose potrebbero risultarvi davvero delle piccole cose. Potreste sentire di aver passato la vita dietro cose inutili e prenderebbero forma in voi soltanto le cose che davvero avete fatto. Forse vi verrebbero in mente i sorrisi di vostro figlio, gli abbracci che da piccolo avete dato, il “ti amo” di vostro padre o del vostro patner o i momenti in cui avete vinto l’orgoglio e avete abbracciato un nemico. Percepireste allora che la vita di un uomo ordinario conta solo di pochi momenti reali. Correre per una esistenza intera dietro il mantenimento di uno status-quo, il lavoro, la casa, gli impegni e le false promesse, tutto diventerebbe inconsistente e vano. Questo piccolo fare perderebbe la sua importanza ed, invece, il Grande Fare, i Grandi Monumenti nella nostra memoria e dentro di noi, quello che siamo, le colonne del nostro essere emergerebbero con una violenza inaudita, lasciandoci come bambini storditi. La vita di un essere umano è per la maggior parte delle volte costruita su un “fare” inutile, che in realtà non permette alla sua anima essenziale di crescere.
L'articolo prosegue sulla dispensa spiegando come arrivare al Grande Agire e di come occorra diventare capaci di servire per poter sviluppare la capacità indispensabile al lavoro su di sé: la capacità di Amare
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