La porzione specificamente umana è ovviamente la neocorteccia, “la madre dell’invenzione e il padre del pensiero astratto”, come sottolinea Maclean. Essa è la sede del linguaggio simbolico: ragiona, pianifica, si preoccupa, scrive libri e sonetti, crea, inventa e compone. Ma è anche attraverso i suoi centri per la visione, per l’udito, per il gusto e l’olfatto e per le sensazioni corporee che noi abbiamo rapporti col mondo esterno e interagiamo con esso per mezzo di schemi senso-motori.
Le reti neuronali della neocorteccia costituirebbero quindi da un lato l’equivalente neurofisiologico del ‘centro intellettuale’ di Gurdjieff, mentre dall’altro, controllando le nostre risposte motorie agli stimoli sensoriali, rappresenterebbero anche buona parte del ‘centro motorio’.
La relazione con il ‘centro emozionale’ va invece cercata nel ‘cervello paleomammaliano’, che risiede nel sistema limbico, il quartier generale delle emozioni. Fermo al livello dei topi, dei conigli e dei gatti, il sistema limbico è ancorato alla sopravivenza, alla preservazione del sé e della specie e il suo comportamento ruota attorno alle ‘quattro f’: feeling, fighting, fleeing and fucking (cibo, lotta, fuga e sesso). “Una delle caratteristiche peculiari delle emozioni”, osserva MacLean facendo praticamente eco a Gurdjieff, “è che esse non sono mai neutre: le emozioni sono o gradevoli o sgradevoli”, positive o negative.
Non solo. Ma, come sostiene con forza lo psicologo Daniel Goleman (anche lui rievocando Gurdjieff), sono anche molto più veloci della razionalità: attraverso l’amigdala, una sorta di centralina di emergenza del sistema limbico, le vie neurali emozionali riescono spesso ad aggirare la neocorteccia compiendo dei veri e propri ‘sequestri emozionali’ ai danni della mente razionale. Questi sequestri vengono poi modulati o talvolta inibiti, nei mammiferi superiori, dai lobi prefrontali della neocorteccia che, su scale temporali più lente, finiscono per riprendere il controllo della situazione. Gran parte della vita mentale di uccelli, pesci e rettili ruota invece attorno ad essi, in quanto la loro sopravvivenza dipende dall’analisi costante dell’ambiente per la localizzazione di predatori o potenziali prede.
Ed è proprio dai rettili che noi esseri umani abbiamo ereditato la terza componente del cervello uno e trino: il cosiddetto ‘cervello rettiliano’, localizzato nel tronco encefalico e nelle strutture circostanti, sede di quegli stessi ‘programmi comportamentali arcaici’ e di quelle reazioni senso-motorie automatiche che motivano serpenti e lucertole. “Rigido, ossessivo, coatto, ritualistico e paranoide’, così lo definisce MacLean, “è colmo di esperienze e ricordi ancestrali’ . Essendo rappresentato in modo così persistente negli schemi circuitali del cervello, è condannato a ripetere di continuo il passato. L’antico cervello rettiliano non trae molto profitto dall’esperienza. E’ dunque un ottimo candidato per rappresentare il ‘centro istintivo’ di Gurdjieff (e in parte anche quello ‘sessuale’, che nel sistema gurdjieffiano riveste un’importanza particolare).
A questa suddivisione ‘verticale’ del cervello uno e trino va però affiancata, per completare il quadro neuroscientifico, la suddivisione ‘orizzontale’ del cervello nei due emisferi destro e sinistro, interconnessi per mezzo del corpo calloso.
Come è noto, l’emisfero sinistro è attivo, costruttivo, algoritmico, graduale e logico. Esso trae beneficio da un’esemplificazione limitata e da procedimenti per tentativi ed errori. E’ in grado di imparare applicando delle regole. Ancora, l’emisfero sinistro è solitamente sede del linguaggio e dunque del pensiero razionale: è lineare, concentrato e analitico. Discrimina, misura e categorizza: è quindi, per sua stessa natura, frammentario. Ma anche espansivo, competitivo e aggressivo.
L’emisfero destro, all’opposto, tende alla sintesi: è olistico e non-lineare, contrattivo e sintetico, passivo e cooperativo. E’ sede del pensiero intuitivo, non sembra imparare per esposizione a regole ed a esempi ma ha bisogno di essere esposto a strutture ricche e associative, che tende ad afferrare come totalità. La conoscenza intuitiva sembra infatti fondarsi su un’esperienza diretta, non intellettuale, della realtà, che sorge in uno stato di coscienza dilatata.
Per riassumere, utilizzando una nota terminologia orientale, potremmo dire che l’emisfero sinistro è yang, dunque attivo, positivo e maschile (alla base della conoscenza razionale e dunque di un’attività egocentrica), mentre l’emisfero destro è yin, dunque passivo, negativo e femminile (alla base della sapienza intuitiva e dunque di un’attività ecologica).
Anche Gurdjieff parla di una suddivisione ‘orizzontale’ dei centri in due metà: una ‘positiva’ e una ‘negativa’. Questa bi-partizione si manifesta, ad esempio, nel centro intellettuale sotto forma della contrapposizione sì-no, ossia del bipolarismo ‘affermazione-negazione’, mentre nel centro istintivo sotto forma del binomio ‘piacere-dolore’. E anche il centro emozionale sembra consistere nelle due metà rappresentate rispettivamente dalle emozioni piacevoli o spiacevoli, anche se nella ‘Quarta Via’ Ouspensky avverte che le ‘emozioni negative’ funzionano con l’aiuto di un ‘centro artificiale’ a parte, che le alimenta soprattutto per ‘imitazione’.
Lo stesso Ouspensky sottolinea poi che ciascuna metà di ogni centro è a sua volta divisa in tre parti, in una sorta di struttura complessiva ‘frattale’ o ‘olografica’ dove il tutto si ritrova nella parte e la parte nel tutto.
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