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Fondamenti del Pensiero Gurdjieffiano

 
 

 

 

 



 

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Da Abramo ad Abrahamo:
Padre di una nuova stirpe
di Fratel Gaio

 

 

“Non temere, Abramo, io sono il tuo scudo e la tua ricompensa sarà grandissima” (Gn. 15:1)
Qual era la ricompensa che attendeva Abramo? Quale sarebbe stata la conseguenza del Lavoro su di sè che stava svolgendo? “Mira il cielo e conta le stelle se le puoi contare… così sarà la tua progenie”. (Gn 15:5) Sopravvivrà qualcosa di Abramo, nel mondo. Egli, come un pittore lascia la sua opera, lascerà una traccia di sè per le generazioni a venire.

“Ma… tu non mi hai data progenie…” (Gn 15:3) balbetta Abramo che ben conosce la sterilità di sua moglie Sarai. “Come posso diventare un Artista e dare significato alla mia esistenza, se non ho grandi capacità? Se la mia essenza non è quella di un grande genio? Se non ho possibilità di progenie?” Eppure Dio gli risponde: “Mira il cielo e conta le stelle se le puoi contare. E gli disse: Così grande sarà ciò che lascerai!” (Gn 15:5 neretto mio)

Il dialogo diretto fra Dio ed Abramo rivela una condizione di “comunicazione” che è propria dell’Uomo centrato ed evoluto.

Questa condizione, chiamata da alcuni “conversazione con il proprio Angelo Custode”, da altri “dialogo con Dio”, da altri ancora “colloquio con i Centri Superiori” è la promessa che Dio nell’uomo fa a se stesso di vivere profondamente la vita propria, di esistere per esprimersi. Non è quindi un atto di “autostima” o una proiezione narcisista. Bensì è energia prodotta da una zona del nostro psichismo che diventa subito pronta ed utilizzabile e che ci mette in relazione con l’altro, impedendoci di delimitarci in un malato egocentrismo. Non è solo un’elaborazione intellettuale o emotiva. Questo “colloquio” è forza nuova subito disponibile. E’ “certezza assoluta” che nasce da una vista nuova e da una nuova percezione delle cose.

"Quella Parola si adempierà; io stesso sono il primo seme del suo compimento, io sono la mia progenie, io sono quella promessa ed anche la sua concretizzazione. Da questa “persuasione” che è presa di coscienza di sé nasce una forza “che nessun uomo potrà mai rubare” (Mt. 6:19,20)
“Ed egli credette all’Eterno, che gli contò questo come giustizia” (Gn 15:6). Quel tipo di fiducia servì immensamente ad Abramo e lo rese “giusto”. Ma da dove nasce? Come si può alimentare?

Leggiamo le parole di Gurdjieff: “Ma nelle condizioni ordinarie, la differenza fra la velocità delle nostre emozioni abituali e la velocità del Centro Emozionale superiore è così grande che non vi è possibilità di contatto e non arriviamo a sentire in noi le voci che parlano e che ci chiamano, dal Centro Emozionale superiore.” (Frammenti pag. 216)  Qui Gurdjieff sta indicando gli impedimenti per cui non riusciamo a “distinguere” le Voci dei nostri Centri Superiori.

Abramo non solo aveva superato queste difficoltà, ma egli riusciva addirittura a percepire le promesse ed i compiti che questi Centri gli davano per realizzare l’Opera a lui personalmente destinata. In tal modo la sua fiducia aumentava considerevolmente.
La vita di un uomo che dorme, che non ha imparato ad ascoltare la “Voce di Dio”, non entra in contatto con la promessa intrinsecamente presente in lui. Avendo perso di significato, la sua esistenza si ripiegherà nell’inutile rincorsa dell’accumulo o del potere. Diventerà fallimentare. In questo caso nessuna promessa e nessuna sua attuazione. Quell’uomo è un bocciolo sfiorito, un sole non sorto, un sale che non ha più sapore e che “… non è più buono a nulla se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.” (Mt. 5:13)
“Or Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figliuoli. Essa aveva una serva egiziana per nome Agar. E Sarai disse ad Abramo: ‘Ecco l’Eterno m’ha fatta sterile; và dalla mia serva; forse avrò progenie da lei’. E Abramo dette ascolto alla voce di Sarai… andò da Agar che rimase incinta.” (Gn. 16:1,2,4)

Già una volta Abramo, influenzato da circostanze esterne, tradisce la propria essenzialità nel paese d’Egitto (vedi num. precedente). Quello stesso Egitto che, come abbiamo detto, rappresenta il “mondo dei dormienti”, il mondo meccanico ed automatico. Ancora una volta, però, egli pensa che, per dare una mano al destino, deve fare qualcosa. Non si pone davanti a Dio, non ne parla con lui; ma decide autonomamente di prendere provvedimenti. Quante volte anche noi facciamo altrettanto? La fretta, l’ansia, la paura ci inducono a fare azioni poco meditate. Non siamo abituati ad ascoltare la Voce che, nella parte più profonda, ci indica e sa cosa è meglio per noi.
 


L'Articolo continua raccontando la trasformazione di Abramo in Abrahamo, e di come si compia adempiendo alle due richieste che Dio gli fa: Cammina alla mia Presenza e Sii integro, che Gurdjief definiva "Ricordo di sé e condizione di  “purezza”

 

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