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Esaù e il
Piatto di Lenticchie

di Fratel Gaio

 

Dopo la morte di Abrahamo “…Isacco era in età di quarant’anni quando prese per moglie Rebecca, figliola di Bethuel… Isacco pregò istantaneamente l’Eterno per sua moglie, perch’ella era sterile.

L’Eterno l’esaudì e Rebecca, sua moglie, concepì. E i bambini si urtavano nel suo seno; ed ella disse: ‘Se così è, perché vivo?’ E andò a consultare l’Eterno. E l’Eterno le disse: ‘Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli separati usciranno dalle tue viscere. Uno dei due popoli sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il minore’…” (Gen. 25:20,21-23)

Isacco, nello stesso modo di suo padre Abrahamo, produce una “progenie” interiore grazie all’interazione con i suoi Centri Superiori, la sua componente spirituale. Nel seno della sua essenza, rappresentata dalla moglie Rebecca (in ebr. “corda con nodo scorsoio”), si produce una Nuova Creazione apparentemente frammentata.

Rebecca è vittima di dolori: i due bambini che ha nel grembo sono in lotta fra loro. Ma ella viene avvertita dall’Eterno che il minore, quello che uscirà per secondo, sarà in realtà il maggiore e verrà servito dal primo. Nelle famiglie ebraiche di quel tempo era il primogenito  ad acquisire tutti i diritti della primogenitura.

 I primogeniti, infatti, erano considerati come provenienti direttamente da Dio (Gen. 4:4; 13:2; 34:19). Il figlio primogenito ereditava di solito la posizione, la situazione e le prerogative del padre. Diventava capo della famiglia e della tribù. Ereditava anche una doppia porzione dei beni paterni. Il diritto di primogenitura poteva essere venduto, ceduto o anche perduto per cattiva condotta (I Cron. 5:1). Arrivò, quindi, il momento del parto: “…E il primo che uscì fuori era tutto rosso, e assai peloso e gli fu posto il nome di Esaù (in ebr. peloso). Dopo uscì suo fratello che con la mano teneva il calcagno di Esaù e gli fu posto il nome di Giacobbe (in ebr. colui che soppianta).” (Gen. 25:25,26) Rebecca qui rappresenta l’essere umano e nello specifico il corpo fisico che, proprio come un nodo scorsoio, fa scorrere in sé due forze contrapposte. Non è forse vero che ogni individuo è scisso in due? Non è forse vero che in noi esistono contemporaneamente un lupo peloso ed un agnello che lo segue?  Ma continuiamo il racconto biblico. “… I due fanciulli crebbero ed Esaù divenne un esperto cacciatore, un uomo di campagna, e Giacobbe un uomo tranquillo che se ne stava nelle tende. Isacco amava Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto e Rebecca amava Giacobbe.” (Gen. 25:27,28) Isacco non poteva che prediligere Esaù; innanzi tutto era il primogenito, colui che lo avrebbe sostituito e poi era anche, secondo il suo punto di vista, colui che ne aveva le qualità: sapeva cacciare, sapeva, cioè, procurare il cibo alla famiglia, sapeva provvedere ai suoi bisogni più contingenti. E sono chiari anche i motivi per i quali Rebecca prediligeva Giacobbe: innanzi tutto gli era stato rivelato dall’Eterno che “il più piccolo avrebbe soppiantato il più grande” e poi Giacobbe era più simile a lei, rimaneva con lei nelle tende, forse era più vicino alla sua sensibilità. Nel linguaggio della Quarta Via potremo riconoscere in Esaù la “pelliccia”, la maschera, la personalità ed in Giacobbe l’essenza, colei che soppianta la personalità nel processo che porta a Dio.  Ma vediamo cosa accadde:

“… (Un giorno) come Giacobbe si fece cuocere una minestra, giunse Esaù molto stanco, dai campi. Ed Esaù disse a Giacobbe: ‘Dammi da mangiare un po’ di questa minestra rossa; perché sono stanco’.” (Gen. 25:29,30) La rossa minestra, rossa esattamente come lui era rosso al momento della nascita, è qualcosa che Esaù riconosce immediatamente, che sente a lui affine.

Quella minestra è rossa come la terra di cui è fatto Adamo (Adamo in ebr. vuol dire “tratto dalla terra rossa”), proprio per simboleggiare una passione fisica, un desiderio fisico. Egli brama quel cibo. E’ troppo stanco ed i suoi desideri lo vincono, vuole solo sedare la sua fame e la sua sete. “…E Giacobbe gli rispose: ‘Vendimi prima di tutto la tua primogenitura’. Ed Esaù disse: ‘Ecco io sto per morire; che mi giova la primogenitura?’ E Giacobbe disse: ‘Prima giuramelo!’ Ed Esaù glielo giurò e vendette la sua primogenitura a Giacobbe. E Giacobbe diede ad Esaù del pane e della minestra di lenticchie. Ed egli mangiò e bevve…” (Gen. 25:31-34 – parentesi mie) La primogenitura di Esaù, non era solo un fatto legato al possedimento dei beni di famiglia, ma era anche una forma di patto speciale che avveniva fra lui e Dio. Non a caso, infatti, Dio viene spesso denominato come l’Iddio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe, proprio a sottolineare la stretta alleanza spirituale che si andava ad instaurare attraverso Dio ed i primogeniti della famiglia di Abrahamo.
 


Esaù avrebbe dovuto servire Dio, avrebbe dovuto sostituirsi a suo padre Isacco che era erede del Patto fatto con Abrahamo. Allora perché egli svende tutto questo per un piatto di lenticchie? L'articolo prosegue sulla dispensa

 

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